Garanzia

1. Quale è il quadro normativo di riferimento?
L’introduzione nel nostro ordinamento di una disciplina sulle “garanzie post vendita dei beni di consumo”, è avvenuta con il recepimento della Direttiva 1999/44/CE su “ taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo”.

La trasposizione della direttiva comunitaria è stata inizialmente trasfusa, attraverso il D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 24, nel Libro IV del codice civile (artt. da 1519-bis a 1519-nonies).

Successivamente, con l’adozione del Codice del Consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206) la disciplina sulle garanzie è confluita nelle stesso Codice del Consumo Parte IV, Titolo III, Capo I, agli artt. da 128 a 135.

2. Quali sono in breve le caratteristiche della garanzia legale sui beni di consumo?

  • ha la durata di due anni
  • tale durata decorre dalla consegna del bene
  • è una garanzia legale, ciò significa che è sempre dovuta al consumatore (non può essere esclusa o limitata)
  • si applica anche ai beni usati
  • il consumatore è tutelato anche nell’installazione del bene
  • consente in primo luogo la riparazione o la sostituzione del bene ovvero se ciò non è possibile, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto.
  • riguarda i rapporti tra consumatore e venditore (anche nel caso il difetto sia imputabile al produttore)
  • a questa si può aggiungere l’ulteriore garanzia offerta dal produttore o dal venditore (garanzia commerciale).

3. A quali contratti si applica la disciplina in materia di garanzie sui beni di consumo?
L’art. 128, comma 1 del Codice del Consumo stabilisce che il capo I (Della vendita dei beni di consumo) “disciplina taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo”. Tuttavia la sua portata è più ampia.
Le sue disposizioni si applicano, infatti, oltre che al contratto di “vendita”, anche ad altre figure contrattuali “equiparate”:

  • la “permuta”;
  • la “somministrazione”;
  • l’appalto” ;
  • il “contratto d’opera”;
  • “tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre”.

La disciplina sulle garanzie riguarda quindi la generalità dei contratti caratterizzati dal trasferimento di un bene mobile ad un consumatore.

Sono compresi anche i contratti conclusi con modalità particolari come, ad esempio, quelli stipulati fuori dai locali commerciali od i contratti a distanza, disciplinati in altra parte del Codice del Consumo.

4. Quale è la nozione di “bene di consumo”?
Le disposizioni degli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo in tema di garanzia si applicano ai contratti concernenti i “beni di consumo”.
Secondo le disposizioni legislative, per bene di consumo deve intendersi “qualsiasi bene mobile, anche da assemblare”.
Saranno quindi beni di consumo tutti i beni mobili:

  • materiali od immateriali;
  • finiti o da assemblare;
  • nuovi od usati.

nonché i cd, beni mobili registrati, ossia quei beni (art.815 Cod.civ.) che sono iscritti in pubblici registri, quali ad esempio, le autovetture, le navi e gli aeromobili.

Il legislatore nazionale ha accolto una nozione più ampia rispetto a quella contenuta nella direttiva n. 44/99, riferita ai soli beni materiali. Sarà perciò possibile includere tra i beni di consumo, ad esempio, il software .
Le disposizioni del decreto si applicano ai beni usati solo per i “difetti che non derivano dall’uso normale della cosa” e “tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo”.

Non possono invece essere considerati beni di consumo:

  • gli immobili;
  • l’acqua ed il gas non confezionati per la vendita;
  • l’energia elettrica;
  • i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dall’autorità giudiziaria, anche mediante delega ai notai.

5. Quali sono i Limiti soggettivi dell’applicazione della disciplina?
Le disposizioni degli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo si applicano ai contratti conclusi tra un “venditore” ed un “consumatore”.

Il consumatore è definito dall’art. 3, lett. a) del Codice del Consumo come “qualsiasi persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale,artigianale o professionale eventualmente svolta”.

Due sono i requisiti fondamentali per essere definiti “consumatori” e beneficiare della tutela prevista:

  • essere persone fisiche;
  • concludere il contratto per soddisfare esigenze diverse da quelle dell’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.

Anche commercianti e professionisti quindi possono essere considerati consumatori, ma alla rigorosa condizione che abbiano agito per fini che non rientrano nell’attività commerciale o professionale.

Dall’interpretazione letterale della norma in questione si desume che non possono essere considerati consumatori:

  • le persone giuridiche;
  • gli enti diversi dalle persone fisiche (associazioni, fondazioni, comitati, scuola ed università);
  • i professionisti (anche persone fisiche)o gli imprenditori (anche le ditte individuali) che concludono un contratto per finalità professionali/imprenditoriali.

Le disposizioni legislative perciò non si applicheranno tutte le volte in cui le modalità d’acquisto od altre circostanze evidenzino con ragionevole certezza che esso non è finalizzato al consumo privato.

Ad esempio, la richiesta della fattura, con l’indicazione della partita IVA, lascia in teoria presumere le finalità professionali dell’acquisto escludendo l’applicabilità degli artt. 128 e ss.6. Quali sono le esclusioni della disciplina sotto il profilo dei soggetti che concludono il contratto?
Le disposizioni degli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo si applicano ai contratti conclusi tra un “venditore” ed un “consumatore”.

Sono invece esclusi:

  • i contratti tra consumatori;
  • i contratti tra professionisti/ tra aziende.

Risultano perciò estromesse sia le vendite di “seconda mano” da privato a privato, sia le forniture di beni di consumo tra aziende.

7. Cosa si intende per conformità del bene al contratto e difetto di conformità?
L’aspetto più innovativo delle nuove disposizioni legislative riguarda l’introduzione del principio di conformità del bene al contratto.

Con la nuova normativa, dalla conclusione del contratto sorge l’obbligo del venditore di consegnare al consumatore “beni conformi al contratto”. In parole semplici, il bene consegnato dovrà corrispondere al bene pattuito nel contratto .

Si presume che il bene sia conforme al contratto se:

  • è idoneo all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
  • è idoneo all’uso particolare reso noto al venditore al momento della conclusione del contratto e da questi accettato, anche per fatti concludenti;
  • è conforme alla descrizione fatta dal venditore e possiede le stesse qualità del modello o campione presentato al consumatore;
  • presenta le qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle “dichiarazioni pubbliche” fatte dal venditore, dal produttore o suo agente o rappresentante, in particolare sulla pubblicità o sull’etichettatura.

Le quattro condizioni dovranno, ove pertinenti, essere contemporaneamente soddisfatte affinché il venditore goda della presunzione di conformità del prodotto.

Il difetto di conformità ha perciò una portata più ampia rispetto ai “vizi” previsti dall’art. 1490 del Codice Civile.

8. Come devono intendersi i requisiti del bene dichiarati dal venditore e dalla pubblicità?
Va sottolineato che le informazioni pubblicitarie, le schede tecniche e le dichiarazioni del venditore precedenti alla conclusione del contratto, divengono di particolare importanza per determinare la conformità al contratto.

Pertanto, le informazioni inesatte od ingannevoli integrano la mancanza di conformità.

9. La conformità del bene al contratto riguarda anche l’installazione?
Anche “l’imperfetta installazione” integra la mancanza di conformità se:

  • dipende dalla carenza di istruzioni, quando è compiuta dal consumatore;
  • è eseguita dal venditore in quanto compresa nel contratto.

10. Quando è escluso il difetto di conformità?
Laddove il bene consegnato risulti non conforme al contratto, il consumatore potrà contestare al venditore il difetto di conformità riscontrato.

Tuttavia il consumatore non potrà legittimamente invocare la responsabilità del venditore se al momento della conclusione del contratto:

  • conosceva il difetto o non poteva ignorarlo usando l’ordinaria diligenza;
  • il difetto dipende da istruzioni o materiali forniti dal consumatore.

Inoltre, “l’uso particolare” voluto dal consumatore deve essere stato reso noto al venditore e da questi accettato, anche per fatti concludenti.

Il venditore non sarà poi vincolato alle “dichiarazioni pubbliche” fatte dal venditore/produttore/agente o rappresentante, presenti nell’etichetta o nella pubblicità, se dimostra che:

  • non conosceva la dichiarazione e non poteva conoscerla;
  • la dichiarazione è stata adeguatamente corretta entro il momento della conclusione del contratto;
  • la dichiarazione non ha influenzato la decisione di acquistare il bene di consumo.

11. Chi è responsabile nei confronti del consumatore?
E’ il venditore che risponde per “qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene”.

La responsabilità del venditore è quindi limitata ai difetti preesistenti, scoperti in un secondo momento dall’acquirente. Non riguarda invece eventuali vizi sopravvenuti, ad esempio, per uso improprio da parte del consumatore o di terzi.

Il produttore, soltanto nella misura in cui possa dirsi anche “venditore”, ossia qualora eserciti forme dirette di vendita al consumo, potrà essere chiamato a rispondere in prima battuta dell’eventuale non conformità del bene consegnato al consumatore.

Restano comunque ferme le ipotesi di responsabilità diretta del produttore previste da altre normative (es. il D.P.R. n. 224/88 sul danno da prodotto difettoso).

12. Cosa può chiede il consumatore al venditore in presenza di un difetto di conformità del bene?
In presenza di un difetto di conformità, il consumatore potrà domandare al venditore:

  • in prima battuta, la riparazione o la sostituzione del bene, per ottenere il “ripristino della conformità” senza spese;
  • se i primi due rimedi non risultano praticabili la riduzione del prezzo o risoluzione del contratto.

Esiste dunque una gerarchia tra gli strumenti previsti a tutela del consumatore per contemperare l’interesse del consumatore a ricevere il bene concordato e l’interesse del venditore a salvaguardare il rapporto contrattuale.
A tal fine, è data possibilità di ricorrere alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto soltanto nelle ipotesi previste dalla legge.

Resta salva la facoltà del venditore di offrire al consumatore “qualsiasi altro rimedio disponibile” per comporre amichevolmente la controversia, che il consumatore sarà tuttavia libero di accettare o di rifiutare.

13. In cosa consiste il rimedio della riparazione / sostituzione
Per eliminare il difetto di conformità, in prima battuta, il consumatore potrà chiedere, a sua scelta, la “riparazione” o la “sostituzione” del bene.

La riparazione o la sostituzione sono gratuite. Sono a carico del venditore le spese “indispensabili” per sanare il difetto di conformità, tra cui quelle di spedizione, di mano d’opera e dei materiali.

La discrezionalità del consumatore incontrerà però un limite nel caso in cui il rimedio domandato sia oggettivamente impossibile o comporti costi eccessivi a carico del venditore.

L’impossibilità andrà valutata a seconda che la sostituzione riguardi, ad esempio, beni non fungibili (ad es. un pezzo unico) o che la riparazione non sia possibile per via di un difetto irreparabile.

L’eccessiva onerosità comporta invece “spese irragionevoli” rispetto alla soluzione alternativa, possibile e praticabile. Il legislatore prescrive che tale valutazione vada compiuta tendo conto:

  • del valore del bene in assenza del difetto;
  • dell’entità del difetto;
  • dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.

Il venditore può quindi rifiutare la soluzione chiesta perché impossibile od eccessivamente costosa; il consumatore avrà allora diritto a domandare il rimedio alternativo. Se anche tale opzione risulti impraticabile, il consumatore potrà chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto.

14. Cosa si intende per “congruo termine” e “notevoli inconvenienti”?
La riparazione o la sostituzione devono essere eseguite dal venditore:

a)entro un “congruo termine” entro cui il venditore deve eseguire la prestazione richiesta;
b)senza arrecare “notevoli inconvenienti” al consumatore.

Tale previsione intende limitare la possibilità che i tempi della riparazione o della sostituzione si dilatino eccessivamente o che la prestazione del rimedio chiesto comporti gravi disagi per il consumatore.

I concetti di “congruo termine” e di “notevoli inconvenienti” sono variabili.

Le disposizioni legislative stabiliscono che il “termine congruo” e “l’inconveniente notevole” vanno stabiliti in relazione alla “natura del bene” e dello “scopo per cui è stato acquistato”.

I lavori preliminari fanno riferimento anche al “tipo di difetto” (se pregiudica o meno la funzionalità del bene) e al “periodo dell’anno” in cui il difetto si manifesta (es. ferie del venditore/fornitore/riparatore, periodo festivo; periodo natalizio, etc.).
La determinazione del termine congruo e dell’inconveniente notevole andrebbe quindi compiuta con riferimento al settore merceologico cui appartiene il bene e sulla base dei parametri sopra richiamati.

15. Quando è possibile chiedere la Riduzione del prezzo o la Risoluzione del contratto?
La riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto sono opzioni che il consumatore può esercitare solo se la richiesta di vedere riparato o sostituito il bene difettoso non sia andata a buon fine.

L’intenzione del legislatore di salvaguardare quanto possibile il rapporto contrattuale configura la riduzione del prezzo e la risoluzione come rimedi eccezionali e perciò esperibili solo a precise condizioni.

Più precisamente, il consumatore potrà chiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto se:

  • la riparazione o la sostituzione sono impossibili od eccessivamente onerose;
  • il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione entro un congruo termine;
  • la riparazione ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

La facoltà di scelta rimessa al consumatore incontra però un limite nella gravità del difetto. Infatti se il difetto (per cui non è stato possibile esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione) è di “lieve entità”, potrà essere chiesta soltanto la riduzione del prezzo.

Va inoltre evidenziato che per determinare l’importo della riduzione o della somma da restituire si dovrà tenere conto dell’uso del bene, che comporterà un minore o maggiore deprezzamento del prodotto.

Secondo la nota esplicativa del Ministero dello Sviluppo Economico (già Attività produttive) per difetto di lieve entità, si deve intendere quello che non pregiudica assolutamente l’utilizzo del bene.

16. Quanto dura ed entro quando si fa valere la garanzia sui beni di consumo?
Tra gli aspetti qualificanti della disciplina contenuta nel decreto n. 24/02 c’è senza dubbio l’estensione temporale della garanzia legale sui beni di consumo.

Il venditore è infatti responsabile per i difetti di conformità (esistenti al momento della consegna) che si manifestano nei 2 anni successivi alla consegna del bene.

Per i beni usati, il venditore ed il compratore potranno accordarsi per prevedere un periodo di responsabilità minore, ma comunque non inferiore ad un anno.

Il consumatore, qualora riscontri un difetto di conformità, per usufruire della tutela, dovrà contestarlo al venditore entro due mesi dalla scoperta.

La contestazione non sarà però necessaria se il venditore ha dolosamente occultato il vizio o ne ha riconosciuta l’esistenza.

Dopo la denuncia del vizio, il consumatore potrà chiedere la riparazione o lo sostituzione del bene e, qualora ricorrano gli estremi, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. L’azione si prescrive, in ogni caso, nel termine di 26 mesi dalla consegna.

Esiste un caso in cui la garanzia legale può esser fatta valere oltre i termini di prescrizione e si ha quando il venditore citi in giudizio il consumatore per l’esecuzione del contratto (es. il pagamento del prezzo). In tal caso quest’ultimo “ potrà far valere sempre la garanzia se ha denunciato il vizio entro due mesi dalla scoperta e comunque prima di 26 mesi dalla consegna”.

17. Come è disciplinato l’onere della prova del difetto di conformità?
Il venditore risponde solo dei difetti esistenti al momento della consegna. La normativa distribuisce l’onere di tale prova tra venditore e consumatore, in base al momento in cui i difetti si presentano.

Se i difetti di conformità si manifestano entro 6 mesi dalla consegna, si presume che esistessero anche a tale data.

Spetterà quindi al venditore provare che il bene era pienamente conforme, cioè che il difetto lamentato dal consumatore è sopravvenuto successivamente alla consegna.

Il venditore potrà escludere l’onere della prova a suo carico qualora ne riesca a provare l’incompatibilità con la con la natura del bene o con la natura del difetto.

Se i difetti si manifestano invece successivamente ai 6 mesi dalla consegna sarà il consumatore a dover fornire la prova che il difetto fosse presente al momento della consegna.

In tal caso il consumatore dovrà quindi dimostrare:

  • di aver acquistato il bene;
  • che il bene presenta un difetto di conformità ai sensi di legge;
  • che tale difetto esisteva al momento della consegna, pur essendo manifestatosi successivamente;
  • che sono stati rispettati i termini di decadenza
  • e prescrizione.

La ripartizione dell’onere della prova costituisce quindi un incentivo per il consumatore a verificare approfonditamente la conformità del bene ed ad effettuare una sollecita contestazione di eventuali vizi.

18. Che cosa è la garanzia convenzionale del produttore o del venditore?
La “garanzia convenzionale è, secondo la definizione presente all’art. 128, “ulteriore” rispetto a quella legale e consiste in“qualsiasi impegno, del produttore o del venditore assunto nei confronti del consumatore, senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità”.

Pertanto, mentre la garanzia legale del venditore è un obbligo che deriva dal solo fatto che è stato concluso un contratto di compravendita con il consumatore e riguarda i difetti preesistenti alla consegna, la garanzia convenzionale è un atto volontario ed ulteriore del soggetto che si impegna nei confronti del consumatore.

La garanzia convenzionale quindi non sostituisce , ma si aggiunge a quella legale.
Ne discende che:

  • il venditore o il produttore hanno la facoltà di non prevederla, ma una volta offerta, restano vincolati ad essa;
  • il venditore o il produttore possono stabilire il contenuto della garanzia convenzionale, ossia offrire le stesse condizioni della garanzia legale oppure condizioni più favorevoli o più limitate;
  • rimane impregiudicato il diritto del consumatore alla garanzia legale del venditore per gli eventuali vizi di difformità non coperti dalla garanzia convenzionale.

E’ presumibile che, nella prassi, il consumatore faccia valere, ove presente, la garanzia convenzionale, se più favorevole.

Dalla definizione di “garanzia convenzionale ulteriore”, si desume che le modalità con cui viene prestata non sono solo quelle presenti nella “dichiarazione di garanzia”, ma anche quelle indicate nella “pubblicità” (spot, depliants, etc.);

Il legislatore stabilisce inoltre che la garanzia convenzionale assicuri ai consumatori alcune informazioni essenziali:

  • la specificazione che il consumatore è titolare dei diritti previsti Codice del Consumo in materia di garanzia legale, sulla vendita dei beni di consumo, e che la garanzia convenzionale lascia impregiudicati tali diritti;
  • l’oggetto della garanzia, ossia che cosa si offre;
  • gli elementi per farla valere;
  • la sua durata;
  • la sua estensione territoriale.

La garanzia convenzionale deve essere redatta in lingua italiana, con caratteri non meno evidenti di quelli di altre lingue, eventualmente presenti.

A richiesta del consumatore, la garanzia deve essere disponibile per iscritto o su di un altro supporto duraturo.

I requisiti fissati dal legislatore sono obbligatori. Tuttavia, qualora non siano presenti, la garanzia convenzionale rimane comunque valida ed il consumatore potrà pretenderne l’applicazione.

19. Cosa è il diritto di regresso del venditore?
La disciplina sulla garanzia è imperniata principalmente sulla tutela del consumatore. Le disposizioni legislative contengono però un’importante previsione a salvaguardia degli interessi degli operatori commerciali.

E’ infatti stabilito che se il difetto di conformità dipende da un’azione/omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale o di qualsiasi altro intermediario, il venditore potrà esigere dal soggetto o dai soggetti responsabili, facenti parte della suddetta catena distributiva, la restituzione delle spese sostenute per soddisfare le richieste del consumatore.

La possibilità di agire in regresso è subordinata alle seguenti condizioni:

  • il venditore ha ottemperato ai rimedi chiesti dal consumatore;
  • il venditore non ha sottoscritto nei contratti con tali soggetti alcun patto contrario, né ha rinunciato a tale diritto;

Per evitare che i tempi di circolazione delle merci sul mercato, a volte lunghi, facciano cadere in prescrizione la responsabilità del fornitore, qualora non sia esclusa contrattualmente, il venditore finale avrà tempo 12 mesi per agire verso il produttore dall’esecuzione della prestazione richiesta dal consumatore.

Il riconoscimento del diritto di regresso evita che i costi di eventuali difetti del bene siano sopportati esclusivamente dal venditore, assicurando, in linea di principio, un’equa ripartizione del rischio di impresa lungo l’intera catena distributiva. In realtà molto dipende dalla forza contrattuale fatta valere sovente dal produttore che impone “patti contrari”.

20. Sono derogabili i diritti stabiliti a favore del consumatore dalla disciplina sulle garanzie nei beni di consumo?
Tra gli aspetti salienti della nuova normativa c’è quello della irrinunciabilità dei diritti riconosciuti al consumatore.

Mentre la garanzia prevista agli artt. 1490 e ss. del Codice civile può essere derogata contrattualmente, la protezione offerta dal codice del Consumo al consumatore non può essere ridotta dalla volontà delle parti.

Il legislatore stabilisce infatti che è da considerarsi nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare i diritti riconosciuti, anche in modo indiretto.

La nullità può esser fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

Il quadro giuridico complessivo posto a presidio del consumatore è infine garantito dall’art. 135 che precisa che la protezione riconosciutagli non esclude né limita i diritti attribuiti al consumatore da altre normative, come, ad esempio, quella riguardante la responsabilità del produttore per danni da prodotti difettosi o le norme eventualmente più favorevoli previste dal codice civile